domenica 8 novembre 2009

Non dire notte

Anche oggi ha detto che, finita la scuola, andrà a Beer Sheva. Ha promesso di fare benzina e di cercare di non tornare tardi. Del resto non le ho chiesto quando pensava di tornare e non l’ho pregata di non fare tardi. Come se fosse entrata per sbaglio in questa stanza e, confusa com’è, non riuscisse a trovare la finestra. Che era ed è rimasta aperta. Così corre a avanti e indietro da una parete all’altra sbattendo le ali, inciampa nella lampada, contro il soffitto, sbatte contro i mobili, si fa male. Tu però non cercare di indirizzarla verso l’uscita: non puoi aiutarla. Ogni tuo movimento non fa che aumentare la sua paura. Invece di condurla fuori verso la libertà se non stai attento finirai per farla volare verso locali ancora più interni, e lì continuerà a sbattere le ali contro il vetro. L’unica via per aiutarla è non cercare di aiutarla. Solo diventare piccoli. Congelarsi. Confondersi con il muro. Fermi. Davvero la finestra c’è ed è rimasta aperta? Davvero spero che voli fuori? Oppure sto in agguato, fermo, la fisso dal buio con gli occhi pietrificati, in attesa che crolli sfinita?
Allora potrò piegarmi e prendermi cura di lei come all’inizio. Sin dall’inizio.



Amos Oz

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